Legame tra autismo ed evoluzione dei neuroni

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 20 settembre 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La specificità umana dei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD) è molto più che una suggestione alimentata dall’impossibilità di dimostrare la presenza di tale alterazione pervasiva dello sviluppo cerebrale in altri primati, come si diceva in passato[1]. Infatti, non si contano più gli studi di osservazione animale che hanno dimostrato l’assenza o l’assoluta rarità di disturbi comportamentali accostabili a schizofrenia e ASD in varie specie di mammiferi e nei primati, in particolare. D’altra parte, gli studi epidemiologici indicano una percentuale di bambini affetti di gran lunga superiore a quella riportata in passato, con la recente stima globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che si avvicina a 1 su 100 nati per gli affetti da ASD. È vero che qualche riserva è stata espressa sui metodi di definizione dei campioni negli studi che hanno portato negli USA a calcolare portatore di ASD 1 su 31 bambini, ossia il 3.2%, ma è pur vero che, anche con le correzioni suggerite, i dati rimarrebbero impressionantemente alti.

L’opinione corrente fra i ricercatori che studiano il problema in chiave evoluzionistica è che l’autismo sia esclusivamente umano. In altri termini, le rare e possibili eccezioni non sarebbero rilevanti e significative. Questa posizione, suffragata da numerose prove, supporta la scelta di indagare possibili cause neuroniche specificamente umane nello sviluppo di questi disturbi.

L’attenzione è stata rivolta da numerosi ricercatori a tipi neuronici specifici della nostra specie presenti nel neoencefalo e, in particolare, nella corteccia cerebrale. Lo sviluppo del sequenziamento RNA da singola cellula ci ha fornito profili di cellule nervose rilevate esclusivamente nel cervello umano: la pubblicazione di dataset di vasta scala ha rivelato una gamma di tipi neuronici specifici di cui non si ipotizzava nemmeno l’esistenza.

Accanto al large-scale sequencing, numerosi studi genetici hanno identificato estesi cambiamenti unici della genomica di Homo sapiens: si tratta di elementi che non mutano molto nell’evoluzione dei mammiferi in generale, ma che sono andati incontro a una rapida evoluzione nella nostra specie. Alcune indagini hanno accertato che alcuni tipi cellulari presentano maggiore stabilità di altri nel corso dell’evoluzione, ma i fattori che determinano una maggiore o minore propensione al cambiamento evolutivo non son stati ancora identificati con precisione.

Recentemente sono stati pubblicati degli interessantissimi dataset inter-specie di sequenziamento RNA da singolo nucleo, provenienti da tre regioni diverse del cervello dei mammiferi. Alexander L. Starr e Hunter B. Fraser hanno preso le mosse da questi dati per indagare vari aspetti della specificità dei neuroni del cervello umano, e hanno rilevato che il tipo di cellula nervosa più abbondante negli strati più esterni della corteccia cerebrale, ossia i neuroni L2/3 IT, si è evoluto in maniera eccezionalmente rapida nella nostra linea evolutiva, rispetto a quanto accaduto nelle linee evolutive degli altri primati.

Con sorpresa, i due ricercatori hanno registrato l’associazione di questa accelerazione evolutiva con cambiamenti drammatici nei geni associati all’autismo. È ragionevole supporre che tali cambiamenti siano stati causati dalle stesse forze della selezione naturale che hanno determinato lo sviluppo dei caratteri esclusivamente umani rilevati nei neuroni corticali.

Gli aspetti salienti di questo studio sono qui di seguito esposti in sintesi.

(Alexander L. Starr & Hunter B. Fraser, A General Principle of Neuronal Evolution Reveals a Human-Accelerated Neuron Type Potentially Underlying the High Prevalence of Autism in Humans. Molecular Biology and Evolution 42 (9): msaf189, September 2025 – Epub ahead of print doi: 10.1093/molbev/msaf189, 2025).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Biology, Stanford University, Stanford, CA (USA).

Vediamo come Alexander Starr e Hunter Fraser sono giunti alla conclusione che l’evoluzione tipicamente umana dei neuroni degli strati più esterni della corteccia cerebrale sia collegata all’alta prevalenza dei disturbi dello spettro dell’autismo.

Con l’avvento del sequenziamento di RNA di singole cellule (scRNA-seq) è divenuto possibile definire molecolarmente in modo sistematico i tipi di cellule nervose del cervello (Zeisel et al., 2015; Tasic et al., 2016)[2]. Con la pubblicazione di sempre più numerosi set di dati di ampia scala, è risultato chiaro che il cervello dei mammiferi contiene una sorprendente quantità di tipi neuronici, che i recenti studi sull’intero cervello hanno stimato tanto numerosi quanti sono i geni codificanti proteine nell’intero genoma (Yao et al., 2023). Inoltre, gli atlanti cross-specie della neocorteccia hanno rivelato che la maggior parte dei tipi neurali corticali sono altamente conservati nei primati e nei roditori, con pochi tipi neocorticali specifici dei primati e nessuno interamente specifico dell’uomo (Ma et al., 2022; Jorstad et al., 2023). Questo suggerisce che la divergenza che riguarda tipi cellulari omologhi – quali i loro pattern di espressione genica, le proporzioni relative e la connettività – possa avere un ruolo centrale nel produrre i caratteri unici della cognizione umana.

Prendendo le mosse da queste premesse, Alexander Starr e Hunter Fraser hanno sottoposto a verifica se il rapporto inverso tra abbondanza e grado di evoluzione, stabilito per le proteine, sia vero anche per i tipi neuronici del cervello.

I ricercatori hanno riscontrato una forte correlazione negativa tra proporzione dei tipi cellulari e divergenza evolutiva nella neocorteccia: un dato che suggerisce che questa relazione si ha a tanti diversi livelli dell’organizzazione biologica. Basandosi su questo assunto, i due neurobiologi hanno scoperto un’evoluzione inaspettatamente rapida dei neuroni L2/3 IT e una forte evidenza di una selezione positiva poligenica per la ridotta espressione dei geni associati a ASD nella linea umana, cosa che suggerisce che la selezione positiva può aver accresciuto la prevalenza dei disturbi autistici nell’uomo.

Dunque, gli autori dello studio hanno ipotizzato che i tipi di cellule nervose più abbondanti possano essere sottoposti a un maggiore vincolo selettivo, rispetto ai tipi cellulari più rari, causando una differenza nel loro tasso di evoluzione. Sulla base di questa ipotesi hanno condotto le osservazioni menzionate, e hanno trovato una relazione sorprendentemente coerente: i sotto-tipi neuronici più abbondanti mostravano una maggiore conservazione dell’espressione genica fra specie diverse.

Un dato, questo, replicato in tre dataset indipendenti, per un numero complessivo di 106 neuroni provenienti da 6 specie animali differenti. Come si è già accennato, basandosi su questo principio, i due ricercatori hanno scoperto che il tipo più abbondante di neuroni neocorticali, costituito dai neuroni eccitatori intratelencefalici appartenenti agli strati 2 e 3 della neocorteccia (L2/3 IT) si è evoluto in un modo eccezionalmente veloce in Homo sapiens, tale da non avere uguali in altri primati.

Con sorpresa, Alexander Starr e Hunter Fraser hanno verificato che questa evoluzione accelerata si accompagnava a una drammatica down-regulation di geni associati a ASD nelle loro varianti patologiche; cambiamento di regolazione probabilmente indotto da una selezione poligenica positiva, specifica dell’uomo.

Concludendo, i due ricercatori hanno introdotto un principio generale che governa l’evoluzione neuronica, e suggeriscono che la prevalenza eccezionalmente alta dell’autismo nella nostra specie sia una conseguenza diretta della selezione naturale per più bassa espressione di un insieme di geni che conferivano benefici di fitness ai nostri progenitori, ma che rendono un’abbondante classe di neuroni corticali più vulnerabili da parte di elementi perturbanti.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-20 settembre 2025

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] In passato si osservava che la parte dei criteri diagnostici basata sulla valutazione della comprensione e della produzione del linguaggio verbale non aveva equivalenti negli studi animali, ma la definizione comparata delle sindromi ASD secondo i criteri attuali (difetto di sviluppo di comunicazione e interazione sociale associato a comportamenti stereotipati, rigidi e ripetitivi) ha superato questo problema.

[2] Per l’indicazione bibliografica completa di queste e delle altre citazioni riportate in parentesi si rimanda alla bibliografia del testo dell’articolo originale.